Foro Carolino

Salvatore Di Giacomo, nella poesia Lassammo fa’ Dio, racconta l’escursione del Padreterno e di San Pietro a Napoli, dove atterrano in piazza Dante. Ecco il dialogo tra i due:
La statua qui davante
cosa l’è? L’Aligherio?..
No, dicette san Pietro, questo è Dante…
Grand’uomo!. E questa sulla mano destra
è la famosa chiesa ‘e San Michele
quello è il Liceo Vittorio Emmanuele …
E qui mi sovviene che sono veramente poche le personalità che per la loro grandezza basta indicarne il nome: Dante, Michelangelo, Raffaello, … e il nostro Eduardo. Alcuni non ricordano i loro cognomi: Alighieri, Buonarroti, Sanzio, … De Filippo.
Anch’io sono andato in piazza Dante per visitare il Convitto Vittorio Emanuele, aperto ai visitatori per il Maggio dei Monumenti.


Piazza Dante era fuori delle mura della città. Attraverso la vicina Port’Alba si entrava nella città vicereale. In questo largo i maestri di cavalleria insegnavano ad andare a cavallo. Il mercoledì vi si svolgeva il mercato e per distinguerlo dal più importante nella zona del Carmine, fu indicato come il Largo del mercatello.
E’ uno spazio che non ho mai apprezzato, mai amato, un luogo di passaggio, non di permanenza. Mi piace ancora meno da quando hanno rifatto la pavimentazione con l’amorfa pietra lavica etnea (architetto Gae Aulenti). Al centro vi è una stazione della Metropolitana, che vomita passeggeri in quantità, i quali non sostano nella piazza, ma si riversano nel centro storico.
E’ una piazza allungata: da un lato una cortina di facciate grigie di chiese e di palazzi nobiliari con sontuosi archi d’ingresso, dei quali non riesco a ricordare le attribuzioni; fu detto Foro Carolino quando Luigi Vanvitelli progettò l’emiciclo per esaltare il re Borbone, riuscendo a movimentare e impreziosire uno spazio senza forme.
Sulle ali dell’emiciclo vi sono 26 statue che rappresentano le virtù di re Carlo. Al centro una grossa nicchia, oggi ingresso al convitto, che avrebbe dovuto contenere una statua equestre del re. Il modello di gesso fu distrutto durante i moti del 1799 e la nicchia ospitò nel periodo della dominazione francese una statua di Napoleone, distrutta al rientro a Napoli dei Borbone.
Sulla nicchia è stata eretta una torretta con un orologio, illuminato internamente da lampade a gas. Sotto il grande orologio vi è un cerchio più piccolo che rappresenta il tempo in minuti che bisogna aggiungere o sottrarre all’ora dell’orologio per effetto del moto di precessione intorno all’eclittica. Su uno dei lati della torretta vi è una meridiana, quasi a voler dimostrare che l’orologio meccanico segna la stessa ora di quello solare.

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Tra la semi-calotta e la torretta campeggia la scritta
CONVITTO NAZIONALE
VITTORIO EMANUELE.
Senza numero! I napoletani vollero così dimostrare il proprio dissenso dall’aver mantenuto il Savoia la numerazione della casata piemontese.
Attraverso il nicchione si entra in un piccolo cortile con due alti alberi, dal quale si dipartono le scale che salgono agli ambienti del convitto, che fu realizzato nel soppresso monastero di San Sebastiano.
Le scale sono state inserite in un pronao dorico, tanto fuori luogo quanto inutile. Ai lati vi sono le statue della Fede e di Minerva, sacro e profano.
Percorrendo scale e corridoi, dove un tempo si affacciavano le celle monacali, utilizzate oggi come aule e camere per i convittuali, si giunge al chiostro, caratterizzato al piano terra da archi gotici del tempo degli angioini e a quello superiore da archi a tutto sesto del periodo rinascimentale. Gli archi gotici sono sorretti da colonne l’una diversa dall’altra provenienti dalla spoliazione di precedenti monumenti; al piano superiore gli archi sono sorretti da pilastri.
Si sale poi sulle terrazze, dalle quali si scoprono visuali inedite. Si scorge la parte superiore del campanile della basilica di Santa Chiara e la statua dell’Immacolata sulla colonna di piazza del Gesù, che sembra poggiare sui tetti presso una verde siepe.

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Quel che mi ha sorpreso è la parte posteriore e il campanile della chiesa del Gesù Nuovo. Da piazza del Gesù, infatti, l’alta parete bugnata dell’ex residenza dei Sanseverino, nasconde la visuale e lo sviluppo delle fabbriche interne, finanche lo svettante campanile, architettato con uno stile tutto suo. Avevo sempre pensato che la chiesa del Gesù ne fosse priva!
Guardando oltre si ammira l’immensa cupola, una delle più eleganti e importanti di Napoli, della basilica dello Spirito Santo, con il pinnacolo della lanterna che separa la certosa di San Martino dal castel Sant’Elmo, che continuano a dominare la città.
Dalla terrazza dell’emiciclo, che corre dietro le statue delle virtù, si domina piazza Dante e da questa visuale il largo del mercatello mi sembra più bello.